a Paolo e Anna
| Gli occhi senz'altro; e forse anche il cervello, che astraendo secerne, calmo, assurde affermazioni universali, e il fegato dalle emozioni pagane, e le viscere davidiche, avete visto inceneriti nell'universo circostante, Avete visto, aruspici fratelli, il luogo, il tempo e l'uomo non propizi né a spingere all'azione e nemmeno a scoraggiare, né a dar battaglia né a ottenere pace, non a lasciar dormire e non a risvegliare, capaci d'indicar la strada, non la direzione, l'istante di iniziare, non quello di concludere, le sillabe da aggiungere, non i versi da scartare. State dunque devotamente lontani, con tutte le opportune ed incredute scuse, o accostatevi con sfiducia palese, innalzando barriere di libri, di manoscritti, di lotte e pretese ideologie tra voi e l'eros raziocinante, lo spirito penetrante e tentato che mette a disagio per meglio intrappolare. Difendetevi pure dietro le monotoniche direttive del rock o le barricate del pur non chiaro dissenso, dallo scaltro cuore mitteleuropeo che conosce i versi adatti di Racine e l'attimo giusto per il disco di Fürtwangler, e riesce ogni volta a ricominciare, sempre da capo, la vana, ciclica esperienza, balzando su dalle profetiche fertilizzanti ceneri. Ma tra le righe cattoliche di Joyce, sappiate intravedere il polemico bue muto che salvò l'occidente dallo spirito disincarnato e disquisì sui dieci gradi dell'amore; colloquiando con Cimabue e Picasso, onorate l'accomodante damasceno che li difese dai cristocinesi iconoclasti; e dietro il proclama gergale e perifrastico che invita a parziali rivoluzioni, non vi sfugga l'eterno tentativo di imprimere alla storia un moto circolare. Così, nella doverosa empietà del tempus destruendi badate di non dimenticare le diecimila fatuità tribali, i cocktails impegnati e il bestsellers del mese, la cravatta troppo intonata e la sommossa borghese, la dalia vittoriana e l'edizione pregiata,0 i giudizi fondati sul denaro o sugli ormoni: sono questi i germi del ritorno, non le summae proterve o i canti appassionati che sempre, a loro modo, gli contesero l'accerchiante dominio sul presente.5 Sarò con voi a far che Dio non sia il nonno, il mago, il vertice custode della barocca piramide ontologica, ma l'uragano, il terremoto, il vento dei Nibelungi e del Vecchio Testamento che spazza via frontiere e tribunali, sintassi, e imperi, critici e night-clubs, e tutto ciò che si attarda a immortalare la morte. Non risparmiate la piccola saggezza che suggerisce circonvallazioni esterne al centro storico e cruciale delle grandi questioni. Non risparmiate le piccole bestemmie di chi distrugge Dio perché la storia assuma le misure del suo ventre. Non risparmiate i piccoli devoti che confondon tra fede e religione e ad ogni nuovo esodo rimpiangono le cipolle egiziane. Combattete tutto questo, e anche il suo contrario non appena diventa istituzione, ma arrestatevi davanti alle parole sempre temute, quelle che rattristano i mercanti e che nessuno scrive sui foulards, sui piattini o sui gadgets dell'Emporio Armani: saranno decisive ancora per millenni, e per millenni ancora fastidiose. State voi con me a far che Dio sia beato quando i figli lo accantonano per prendere davvero le redini del mondo. E abbiate il coraggio di preventivare nel costo complessivo della lotta le solite tre o quattro cose che si ostineranno a non quadrare anche tra le remote propaggini del nostro ben dosato DNA: spazio sufficiente perché voi possiate darvi da fare per i soli, i derisi, les nègres, gli umiliati, quelli che devono patire tutte le angosce del sessantaseiesimo sonetto; dato che il sistema non si cura mai dei poveri dallo sguardo incenerito, e anche l'escatologia pianificata scriverà sul loro sassolino il solito, vecchissimo, frusto nome Uomo. Buon per lui se riuscirà a cavarsela anche nell'implacabile felicità globale che ora ci affanniamo a preparargli, e se non dovrà spezzare col suo irragionevole dolore il cerchio razionale della città efficiente. |