a mio padre
| O che tu giochi a carte, piegato sul tavolino, o che, con la lingua fuori, ti adopri alla griglia del pesce per testimoniare la storia delle tue competenze marinare, mentre la mamma veglia alla tua vecchiezza, io, che ricopro il ruolo che fu tuo quando ti conobbi, osservo la gracile fortuna della storia umana, il coraggio che ebbe la vostra dalmata allegria, l'umiltà silenziosa con cui avete conservato la nostra identità sacrale, la forza di un gruppo che si aggrega in un legame di sangue che si fa idea. Poi, passate le tempeste della differenza e le ansie della crescita, quando nella ripetizione continua di eventi conosciuti, dopo nascite ed esami, scuole e sorrisi e duri scontri con la sorte, dopo che il numero dei nipoti ha certificato l'orgoglio della carne, e il trionfo della procreazione, il mare si calma e perde le onde giovani della bora che batte scura alzando veli bianchi di spuma lungo costa, e si acquieta in un riflesso in cui la vecchia Grado trasluce, io trovo nel mio silenzio malato di trasparenze, la famiglia, con un patriarca ottantenne che si infuria se qualcuno lo batte alle carte. |