a Giuliana
| Ti hanno detto: "Il drago è certo." Insediato nel centro della terra come un re sul trono, manda fiamme alle viscere e con gas maleodoranti empie i polmoni, e rantola, prolificando, gridando la sua bestialità. Ho visto i miei genitori scavarsi le gote nella sofferenza, annichilirsi con occhi mansueti, imploranti, attribuendosi la malattia per non avere la forza di recider la testa al mostro, e l'orgoglio. Ho maledetto la pagana speranza della scienza laureata che vende il sacrificio sull'altare della riuscita. Ho visto i volti imbelli dei bambini inconsapevoli trasformare in gioco la sofferenza e compiacersi del ruolo eroico che il caso li ha portati a ricoprire. Ho sofferto per il debole sguardo innamorato di tuo marito, perso di fronte ad un traguardo irraggiungibile. Ma non ho visto il tuo volto; e quando mi son detto: "Bene, prendiamo la giusta misura!" il silenzio ha cominciato a parlare nascondendo la tua mammella ferita, bruciando i tormenti della chemioterapia e l'angoscia della differenza. Dobbiamo morire per poter rinascere meglio, ed oggi, dopo che abbiamo visto, con chiarezza maggiore, che la testa del drago non getta più fiamme, felici di una moderazione matura, che la gioia sfrenata irrita gli dei, il tuo volto riappare, nitido, sorella, a guardare. Nelle pieghe dei libri, tra la scienza angusta in cui non esiste che assenza del vero e del concreto, non ho imparato l'importanza dello sguardo diretto, ma oggi penetro nelle tue carni per vedere, contorto nel sangue rappreso, che genera liquami rossastri, ed emana irritanti fumi dalla sua bocca bestemmiante, il drago trafitto. Si vince la guerra, sorella, se si vuole davvero. |