a Paolo
| Abbarbicato lichene a presunte
certezze attendo la tua ribellione di figlio, covata, esplodere adolescente, vomitarmi, arrogante, i tuoi aneliti sacri, e spero, con scabre parole, la mia presente dignitą di padre. Ne temo anche l'assenza, tu pure esisti libertario sognante, denuncia di debole omogeneitą dilatando, con convenzioni formali, schemi neoclassici, lo spazio d'attesa. Gli occhi mansueti, animali s'adombrano lampi di presagio d'umanitą e di scienza a cercare nell'abbandono l'antro ove nascondersi, le ferite leccando, per liberarsi, cartilagine, dalla larva antica. Gli amici, troppo spesso diversi, li spero peggiori, e ti esalto, ombelico del mondo, per il tuo equilibrio raffinato, solenne malinconia della conoscenza. Porgi il tuo labbro, arso, per libertą agognate al primo aspirato errore e perditi. Nel gorgo, cadendo, in profondi abissi troverai la tua maturitą avversa. Io, antico padre, mi perdo a guardarti e l'affondar m'č dolce il coltello nella piaga. |