Di seguito riporto alcune personali considerazioni sulla poesia che penso possano essere utili alla lettura del volume. Si tratta di considerazioni non sistematiche ma riconducibili tutte ad un tentativo di definizione di estetica. *** A Roma, duemila anni fa, nacquero, quasi contemporaneamente, quattro grandi poeti, diversi fra loro, Virgilio, Orazio, Ovidio e Tibullo. Io preferisco il quinto, Properzio, che non viene mai conteggiato fra questi. Tutti questi erano poeti d'amore, ma a quel tempo la poesia d'amore era un genere: il poeta doveva amare una donna che doveva essergli infedele, altrimenti il castello crollava. Un codice, e ferreo per giunta. Properzio invece è fragile e Cinthia altrettanto e nel gioco si bruciano entrambi davvero. Credo che sia questa possibilità di verità all'interno di una costruzione convenzionale che rende grande una poesia. Per questo ho costruito su Properzio una poesia convenzionale: Sul corpo della donna amata. *** Mi sembra sempre importante ricordare che la poesia è un fatto culturale, quindi non naturale. Gli animali non scrivono poesie. Tutto quanto l'uomo ha costruito, grazie alla scienza, alla filosofia, alla poesia, lo ha fatto per cambiare la natura, contro di essa. Per creare un mondo artificiale. L'uomo deve la sua grandezza, o semplicemente la sua diversità, al fatto di essersi mosso, nella sua evoluzione, sempre contro natura, verso l'artificio. La parola arte d'altronde ha proprio questo etimo anche se diverso nelle varie culture. Nelle lingue neolatine prevale la componente dell'azione, del fare da ago, agisco; in quelle germaniche c'è la radice kennen, conoscere; in Kunst prevale la necessità della conoscenza, della cultura consapevole; in quelle slave il sentire: viest presenta una radice greca da oid - vid, vedere, percepire, sentire. Percezione, ragione ed esecuzione le tre componenti della poesia. *** Non
credo che il dolore sia necessario alla poesia. Anzi
spesso ottunde la sensibilità del poeta. Chi dice che
Leopardi è stato poeta perché ha avuto una vita
difficile e tormentata, pensi a Eliot, a Petrarca, a
Joyce. Il nocciolo della poesia è estetico, non etico.
Anzi credo che il poeta debba rimanere un osservatore
delle cose, un partecipante certo, ma non un combattente.
Solo i piccoli poeti sono barricaderi. Il poeta infatti
diventa presto insofferente verso ogni ideologia, per
quanto giusta possa sembrare la causa. I poeti, come
anche le persone di buon senso, sanno che ogni giusta
causa cela una trappola psicologica tremenda: credere di
essere delle persone per bene, oneste, in quanto paladini
di una causa nobile. *** Forse
è necessaria una piccola storia della parola estetica:
si tratta, nell'accezione che noi diamo, di una parola
coniata da Alexander Gottlieb Baumgarten (1714-1762),
facendola derivare dal latino aesthetica
a sua volta sostantivazione dell'aggettivo greco aisqhtiko, dal verbo aisqanomai - aisqanestai (percepire, sentire -
essere in grado di percepire, sentire) con il significato
di dottrina della conoscenza sensibile. Con questo
significato arriva a Kant e si fonda nel concetto di Estetica
trascendentale. Come si vede soltanto
più tardi assumerà il significato di dottrina che
studia il bello. Alla sua origine si pone come l'atto
individuale del percepire con l'accento portato alla
capacità della percezione. *** In
tutte le società i lettori di poesia sono in percentuale
risibile. Si attribuisce questo fatto ad una presunta
difficoltà della poesia; fatto che può indubbiamente
essere vero. Ma esistono anche poesie facili e non hanno
un successo maggiore. Quello che avviene per la musica e
per la prosa, cioè il successo di forme commerciabili,
più semplici, non accade per la poesia, anzi alcuni
successi popolari, di moda, quali Lorca o Prevert, si
riferiscono a testi fortemente simbolici e complessi. *** Non
avendo notazione etica la poesia non prevede la
continuità, e nemmeno la contestualità. Sovraesiste
alla frammentazione. |